In Siria stanno andandosene via tutti: anche la popolazione benestante, i borghesi, coloro che davano uno spessore intellettuale al Paese, hanno deciso di abbandonare definitivamente la loro terra per salvarsi la vita e tenersi l’unica cosa per cui possa veramente valere la pena di vivere.
Mentre leggevo l’articolo di Mario Calabresi, de “La Stampa”, mi scendevano le lacrime. Ho provato ad immaginare la situazione, ad immaginarmi profuga e arrabbiata, spaventata, avvilita. Ho provato a leggere fra le righe e vedere, fra quegli uomini, quelle donne, quei bambini, mio marito, mia figlia e me stessa…
Cellulari e zainetto in spalla. Fra i profughi siriani in Grecia che sembrano turisti come noi
A Symi, nel cuore dell’Egeo, ora arriva la borghesia, in fuga da un “Paese che non esiste più”. Parlano inglese, vestono all’occidentale. E non vogliono venire in Italia
Non è gente miserabile, è gente disperata di una disperazione che non si può più risolvere, una disperazione fatta di morte, frustrazione ed impotenza che nemmeno il danaro è riuscita a placare.
Una disperazione che è ben altra cosa per questa gente siriana. Gente che approda in Europa, dopo aver analizzato bene la situazione della stessa, dei Paesi occidentali, e si è fatta un’idea di “dove avrebbe una speranza, un futuro, soprattutto per i figli”. Gente che ha imparato a parlare inglese, si esprime in modo forbito, ha tutto quello che serve per restare connessa con il mondo.
Quel Paese, la Siria… è un posto che fino a dieci anni fa aveva un aspetto differente. Oggi la Siria è il Paese più pericoloso del Mondo e non è più nemmeno pensabile rimanere.
Ecco, della Siria, in verità, non ho mai letto nulla di particolare, ritenendola uno dei tanti Paesi in guerra dove le persone muoiono e per i quali (Paesi) provo una pena infinita, perché per me non esistono realmente confini.
Nemmeno sapere che fra i compagni di classe di Sara c’è un bambino siriano, una famiglia che da anni si è integrata qui in Brianza, mi ha mai spinta a saperne di più, solo l’articolo di Mario Calabresi mi ha convinta a dare uno sguardo più approfondito ed iniziare a pensare alla guerra: la loro maledetta guerra. Lo so. E’ un’affermazione biasimabile e, ne sono sicura, questo interessamento non diverrà certamente il mio hobby, ma di sicuro aprire meglio gli occhi ha il suo significato per molti e, forse, anche per coloro che di fatto nulla sanno di Paesi in Guerra ma riescono a sperperare il loro tempo parlando e scrivendo da ignoranti e razzisti sui loro profili Facebook. Ecco. Ho scritto questo post proprio pensando a loro, perché ogni volta che mi capita di incrociare sul web le loro parole ho un moto di disgusto e d’orrore. Un altro orrore, ovviamente.
Ah… tranquilli. Di coloro che scappano dalla Siria pochi, anzi pochissimi, anzi quasi nessuno, decide di fermarsi in Italia che vedono come un Paese senza particolari velleità di futuro: «Brutta crisi economica, grande disoccupazione giovanile, assolutamente da evitare». (cit. dall’articolo di Mario Calabresi)