Spesso mi ritrovo qui, al mattino, davanti al mio mac.
Ho così tante cose da fare, sia davanti al mac sia in casa, che alla fine navigo passivamente da un sito all’altro senza riuscire concretamente a finire la rassegna stampa o a preparare qualche lavoro di grafica personale oppure a scrivere qui sul blog.
Già. Scrivere.
Penso che anni fa era una delle poche cose che amavo di più, una grafomane maledetta. Scrivevo ovunque, qualsiasi cosa, parlavo e riparlavo pensavo, guardavo, scrivevo. Insomma fissavo i miei pensieri in agende e libruncoli improvvisati, tovaglioli di carta al bar, appunti su pezzettini di carta.
Poi all’improvviso l’avvento del pc, bè, nemmeno tanto improvviso. E’ arrivato e faceva parte della nostra casa ma, soprattutto, ho capito che poteva essere utilizzato per fermare e conservare i miei pensieri. Sorrido pensando a come fossi ingegnosa ad inventarmi password per non accedere ai miei documenti, dopo aver passato anni a scrivere ovunque ed aver raccolto scatole della mia vita disponibili al pubblico. Come un supermercato in cui è possibile leggere qualsiasi argomento.
Il bello arrivava quando dovevo tenere un documento criptato per segnare tutte le psw dei documenti perchè, ad un certo punto, non riuscivo più a ricordarmele…
Insomma scrivere per me era uno strumento per sfogarmi ma, soprattutto, per ribellarmi. Ma, data la mia natura mite, tutto restava chiuso gelosamente nei cassetti o riposto in quelle scatole dove nemmeno oggi vado più a dare uno sguardo. La vita va avanti, inutile ferirsi. E allora tutti i fiumi di parole sprecati da quando avevo 9 anni a cosa sono serviti? Praticamente a nulla, visto che continueranno a restare una parte esclusiva per me e molti sono già finiti al macero.
Sono finite tante cose al macero.
La vita cambia, si colora di nuovi effetti speciali, sentiamo odori nuovi, passioni nuove.
Ci innamoriamo, dio solo sa quante volte nella vita, senza nemmeno renderci conto. Sono amori e innamoramenti ma che spesso riempiono i nostri pensieri a tal punto da condizionarli e portarli lontano dalle nostre riflessioni.
Lavoriamo, lavoriamo e lavoriamo.
Da ragazza sostenevo il lavoro pensando che mi avrebbe dato la libertà. Di fatto ho scoperto d’aver condotto quasi vent’anni di questa “libertà” incatenata da ipocrisie e imposizioni quasi dittatoriali. Forse non sono stata fortunata ma credo sia andata bene, tutto sommato, perchè alla fine ho capito che il lavoro non è ciò che ci rende liberi ma ciò che ci fa sopravvivere. Non ho ancora conosciuto nessuno che ha davvero, e profondamente, cambiato il proprio status con il lavoro. Però se il lavoro non ti rende libero, di fatto, se si ha la fortuna di fare davvero ciò che più aggrada e, magari, farlo soprattutto in “autogestione” è divertente e spesso il confine professionale sfora in quello personale allegramente.
Bè, ora è il momento di chiudere.
Tanti anni, davvero tanti anni prima di riprendere “carta e penna” per me stessa. Già. Blogger per il mondo ma dimentica della propria vita sui fogli di word… quando il lavoro sfora allegramente nel personale.