Mentre in auto è scoppiata un’animata conversazione (ma siamo tutti dalla stessa parte, di che parliamo?) contro il sistema politico, in generale, senza risparmiare nessuno, in parte “terrorizzati” all’idea che gli industriali possano avere il sopravvento, prendo qualche appunto per fermare nel tempo le mie impressioni su quello che abbiamo vissuto nelle ultime 36 ore.
Riva del Garda, un posto davvero da sogno, dove ieri, alle 17,30 si è concretizzato un evento frutto di settimane di lavoro. Per molti è stato un focus di 60 minuti in cui Claudio Gagliardini e Rudy Bandiera hanno fatto da mattatori e presentato i TA11, ovvero i Tweet Awards 2011 (la seconda edizione), ovvero quello che vorremo rendere, negli anni, come il premio più ambito, seppure scanzonato e divertente, dei Twitteri Italiani.
Con tutto il rumoreggiare fatto sulla rete per i “nostri” TA11, ospiti della BlogFest in quel paradiso incantato di Riva del Garda, 60 minuti sono davvero pochini però è anche vero che, ammettiamolo, non siamo ancora pronti ne come organizzazione ne come sponsor, per affrontare e proporre delle alternative più divertenti ed esilaranti, che sappiano andare incontro ad eventuali esigenze della rete.
Ho letto molto sulla TL di Twitter circa quest’appuntamento e, spesso, la domanda che tormenta è: ma a cosa servono?
A nulla, in effetti, se non a trovare l’ennesima scusa per creare un momento mediatico dove, però, tantissime persone, legate dalla passione per un social snello, veloce, coinvolgente ed informativo quale Twitter può essere, si possono stringere la mano, fare quattro chiacchiere e, perchè no?, fare casino.
Sì, ok, e poi?
E poi basta.
Di fatto il connubio fra BlogFest e Tweet Awards è intelligente, perché in ambedue i casi le scelte vengono determinate dalla rete, assai più democratico e molto, decisamente molto, meno impegnativo per l’organizzazione che deve solo ingaggiare un buon “matematico” e far emergere chi è stato votato di più. Ma questo connubio è intelligente anche perché, di fatto, le situazioni hanno parecchie cose in comune (a parte le persone che spesso, oltre ad essere blogger sono anche twitteri) l’estrazione stessa del valore di quanto si va a scrivere: la notizia e la diffusione dell’informazione. Certo, è vero, in Italia Twitter viene utilizzato in modo differente rispetto ai paesi precursori, spesso si scambia questa piattaforma come uno dei vecchi canali di mirc (#milano per esempio…) dove si parlava simpaticamente sia in pubblico sia in pvt, e dove tutti seguivano tutti… fico, sì, però Twitter voleva elevarsi da questo ruolo e collocarsi in un posizionamento più giornalistico, informativo… dove all’estero è riuscito benissimo, qui, in Italia, appare meno probabile e piattaforme come Twitter, FriendFeed (in alcuni casi addirittura Linkendin o Foursquare) diventano più una piazzetta dove ritrovarsi con gli amici.
Sembra proprio che moltissimi italiani stiano cercando uno strumento per dire delle cose, socializzare, non dire, lamentarsi e via dicendo, con il supporto rafforzativo degli hashtag, repressi da qualcosa di molto più grande…
Sistema politico?
Economia disperata?
Antisemitismo più ampio?
Insomma quanto amaro è latente dentro di noi? Quanta solitudine?
Perché la presenza a questi eventi annuali sta cambiando e si sta via via evolvendo, o involvendo?
Ho notato una partecipazione attenta e inaspettata ai Tweet Awards 2011, gente arrivata dal Lazio, dalla Toscana, dall’Umbria, dall’Emilia Romagna, dal Piemonte, dalla Lombardia e chissà da quante altre parti che, naturalmente, non ho avuto modo di sapere e di apprezzare, considerata la mia ritrosia a confrontarmi e ad essere caciarona come, invece, è più naturale negli amici che, insieme a me, hanno organizzato questo momento. Molte persone hanno, ovviamente, presenziato grazie all’evento predominante, la BlogFest, che ha un tiro ed una storia che nasce, circa cinque anni fa, dalla mente di Gianluca Neri, aka Macchianera, e oggi conta sponsor davvero notevoli, questo, però, non toglie l’enfasi che si è creata intorno a questa “perla”, che è stato il momento dei TA11, inserita fra Camp di tutto rispetto che sono stati indubbiamente meno gettonati.
Certo, non sono mancati i momenti #fail, alcune lacune difficili da gestire perché, di fatto, è stato eseguito tutto con un certo pathos e da tutti noi che non siamo stati fermi un momento.
Malgrado piccole difficoltà tecniche ed alcuni atteggiamenti negativi sulla time line di Twitter, in generale possiamo considerare chiuso bene anche questo evento.
Il mio sogno nel cassetto? Far sì che per i twitteri italiani questo diventi un appuntamento importante, mantenendo sia il tono sia la leggerezza, con evidenze serie su coloro che di questo social ne fanno un uso informativo e comunicativo, senza mai scendere nelle volgarità.
Annotazione: questo è solo un appunto, senza riferimenti alle persone importanti con le quali ho lavorato e collaborato, che stimo profondamente. Mi riservo una pubblicazione più intensa, fatta di ringraziamenti di nuovi amici e nuove conoscenze che saranno citate e menzionate con dovizia di particolari! 😀