Quasi un mese fa:
“Bhè, avvocato, allora appena pronto il documento ci sentiamo… ah, avvocato, poichè ha già iniziato ad interessarsi alla mia “causa” vorrei sapere del suo onorario… non vorrei trovarmi sorprese alla fine”
“Stia tranquilla, signora Cristina. Le farò sicuramente un trattamento di favore… in funzione anche dell’amicizia fra l’avvocato che ci ha presentati ed il suo compagno”
“Senza esagerare. Io il giusto lo pago volentieri. Non vorrei incorrere in incompresioni o …”
“Non si preoccupi. Sarà una cosa giusta, stia certa.”
Ieri:
“Ecco, sì, allora…
dopo aver raccolto tutti dati e appurato come ci muoveremo ora parliamo del mio onorario…” Sapevo che sarebbe stato il momento, ero trepidante ma fiduciosa… “Dunque… per il lavoro svolto sono millecinquecento euro. In via amichevole non le aggiungo ulteriori spese. La rettifica sull’incartamento del tribunale saraaaaannoooo… tre, quattrocento euro e per l’ultimo incontro con la controparte… bhè, lì vedremo.”
Lo guardo seria e composta ma dentro di me un vulcano di emozioni.
L’odio è una delle emozioni più forti.
Odio verso di lui che ha davanti una persona stanca, accaldata, appesantita enormemente…
Odio verso chi ha ricorso alla situazione legale spingendomi a raschiare il fondo ulteriormente, spingendomi all’indebitamento.
Odio verso il mio ex avvocato per il suo comportamento da bastardo, per avermi fatto sentire abbandonata e per aver messo davanti sempre, e come sempre, i suoi interessi personali.
Odio verso l’avvocato, amico di Lele, che ospita il mio attuale avvocato privo di fissa dimora ed al quale, sicuramente, lo stesso, dovrà riconoscere una percentuale per l’appoggio e per avergli trovato il cliente.
Ho il magone.
Faccio fatica a fare domande intelligenti e faccio fatica a capire davvero come stanno le cose.
Mi chiede un acconto così cospicuo che anche la piccolissima speranza di poter andare via cinque o sei giorni l’ultima settimana di agosto svanisce come polvere al vento.
Vedo i miei sogni di riposo e relax vanificati.
Compilo mezzo stipendio sul quell’assegno, quale primo piccolo acconto da riconoscere ad un avvocato che ha un onorario che supera, non solo le mie aspettative ma, anche l’immaginabile.
E, con il sangue che pulsa velocemente, il respiro che si è fatto pesante, i pensieri affranti dalle preoccupazioni di quello che sarà e di come farò ad arrivare a settembre, saluto e mi accommiato ad occhi bassi.
Ho le lacrime che mi pungono gli occhi ma cerco di andare avanti con dignità…