La mensa sta diventando per me il “novella 2000″ che non ho mai letto.
Da qualche mese ho deciso di cibarmi insieme a due mie colleghe d’ufficio, un’altra collega dei grandi clienti e alcuni ragazzi della direzione sistemi. A parte due colleghe, mie coetanee, l’età media è venticinque anni (con picchi di diciannove e ventotto). Essendo la maggioranza maschile spesso le chiacchiere vertono su sbronze della sera precedente, conquiste varie, auto e quant’altro. Di buono c’è che rido come una pazza perché comunque siamo un gruppo ben assortito e molto esilarante. Ogni tanto qualcuno tira fuori il pettegolezzo del giorno. Il tipo ha fatto cosa. La tipa è vestita come. Quella l’ha data all’altro. E via dicendo.Non sono mai stata avvezza a questo tipo di conversazioni ma buttate in modo così ameno non posso fare a meno di riderne insieme a loro. Per un attimo tutto scompare e mi sento come una sorta di paparazzo che “fotografa” i poveri disgraziati che capitano di turno dalle parole che escono, traendo, purtroppo, il lato peggiore che ognuno di noi può mettere in mostra.
Oggi è stato il turno delle elezioni.
Miss Azienda.
Mr Azienda.
La più bella, la più brutta, la più simpatica, la più antipatica il tutto anche in versione maschile. Emerge dunque una sorta di mancanza d’equilibrio.
Dissentiamo a viva voce sulle proposte di chiunque e non ci troviamo d’accordo. Nessun metro. Nessun parametro. Disquisiamo sul perché, dal nostro punto di vista, i pareri sono discordanti. Difficile trovare, in effetti, per alcune persone, difetti palesi soltanto ai nostri occhi che diventino comuni a tutti.
Conclusione.
Anche il pettegolezzo nasce dalle nostre soggettività. A seconda di chi parliamo ognuno di noi ha un modo di vedere differente.
È vero, ci sono elementi che si possono definire comuni (una grassa, è grassa; una tettona, è tettona; un cretino? mah, non sempre è cretino) ma anche quelli sono opinabili.